La disoccupazione in Italia è superiore al 31% e interessa un po’ tutti i giovani, anche i laureati. A fare il punto sulla situazione è il Rapporto Almalaurea, che ha analizzato la situazione di circa 4.000 ragazzi. Risulta essere emerso che la disoccupazione di chi consegue una laurea triennale è passata dal 16% al 19%. Un incremento anche per i laureati specialistici, il cui tasso di disoccupazione è aumentato dal 18% al 20%.
La situazione è piuttosto negativa anche per le lauree a ciclo unico, il cui tasso di disoccupazione per i neodottori passa dal 16,5% al 19%. Il direttore di Almalaurea, ha dichiarato a questo proposito, Si tratta di un fenomeno piuttosto preoccupante, ma del resto basta dare un’occhiata agli investimenti fatti in questo periodo dal nostro Paese in questo settore. Francia, Germania, tutti i Paesi Europei hanno investito di più nelle professioni qualificate per uscire dalla crisi, l’Italia è l’unica in controtendenza. Abbiamo una percentuale di laureati modesta rispetto alla media Ocse, abbiamo una classe dirigente oltre 55 anni poco scolarizzata e per di più investiamo pochissimo su questo fronte.
Se operiamo un confronto con i dati che si riferiscono al triennio precedente, ci accorgiamo che le percentuali di disoccupazione aumentano sempre di più. Tra l’altro nel tempo è diminuito anche il lavoro a tempo indeterminato, mentre diventano più ampi i contratti a tempo determinato e interinale.
Preoccupante anche il fenomeno in espansione del lavoro nero, che interesserebbe il 6% dei laureati di primo livello, il 7% di coloro che conseguono una laurea specialistica e l’11% per i laureati con ciclo unico.
Le retribuzioni sono davvero preoccupanti, in quanto si è ravvisata la tendenza a perdere il potere di acquisto. A dieci anni dalla laurea 88 su 100 ragazzi lavorano, ma in passato i dati erano più confortanti. Nel tempo tra l’altro gli stipendi non sono aumentati. Il presidente ha precisato, Sarebbe un errore imperdonabile sottovalutare o tardare ad affrontare in modo deciso le questioni della condizione giovanile e della valorizzazione del capitale umano, non facendosi carico di quanti, anche al termine di lunghi, faticosi processi formativi, affrontano crescenti difficoltà ad affacciarsi sul mercato del lavoro, a conquistare la propria autonomia, a progettare il proprio futuro.
Invece le cose stanno in maniera diversa, perché, a giudicare dai dati disponibili, il laureato medio italiano guadagna poco più di 1.600 euro al mese, ma il reddito varia a seconda della facoltà prescelta e può raggiungere un livello medio sotto i 1.300 euro nel caso dei laureati in Lettere.
Rispetto a quattro anni fa il reddito medio del laureato italiano si è abbassato circa del 13%. Inoltre si è riscontrato che, più tempo si perde nel raggiungimento della laurea e quindi nell’inserimento nel mondo del lavoro, più il reddito medio tende a scendere.
Le opportunità di trovare un lavoro cambiano a seconda del tipo di laurea che si è riusciti a conseguire. Al primo posto fra chi trova più facilmente un lavoro sono gli ingegneri e gli economisti, oltre ai medici. All’ultimo posto della graduatoria, in termini di occupazione, ci sono coloro che hanno una laurea rientrante nell’area giuridica. Se operiamo un confronto con gli altri Paesi europei, ci accorgiamo che l’Italia è l’unico Paese in cui alle professioni più qualificate corrisponde un maggiore tasso di disoccupazione.
Alla base del problema ci sarebbe la scarsità degli investimenti, ma incide anche un atteggiamento scettico sul valore della laurea, che potrebbe creare un mix altamente pericoloso per la competitività internazionale dell’Italia e per il futuro.