Al di fuori delle ipotesi previste dalla legge, quali la somministrazione ed il distacco, in base all’art. 2094 cod. civ., la scissione tra titolarità formale del rapporto di lavoro e l’utilizzazione effettiva delle relative prestazioni comporta l’imputazione del rapporto stesso all’utilizzatore.
Non è infatti consentito separare la titolarità del rapporto di lavoro dal soggetto che in concreto ha utilizzato e diretto la prestazione lavorativa.
Il principio è stato affermato dalla Cassazione (4 novembre 2011 n. 22894, in Guida lav. 2011, n. 47, 16), la quale ha precisato che, nel caso di lavoratori assunti da una impresa appaltatrice di manodopera (nella fattispecie, cooperativa sociale), posti poi a disposizione del committente, si configura un negozio indiretto mediante l’utilizzo di un negozio tipico (l’appalto) per il perseguimento di uno scopo ulteriore, vietato dall’ordinamento giuridico. In questo caso, l’appalto di manodopera costituisce un negozio in frode alla legge, come tale, nullo per illiceità della causa.
Inoltre, il collegamento funzionale tra i due negozi (quello fra prestatore e appaltatore e quello fra quest’ultimo e l’impresa beneficiaria delle prestazioni) “estende l’effetto di nullità all’intero rapporto fra i tre distinti soggetti e nei suoi distinti momenti, restando valido ed efficace solo il rapporto che nella realtà concreta si è attuato tra il lavoratore ed il beneficiario delle relative prestazioni”.