In questa guida spieghiamo la differenza tra quietanza e liberatoria.
Il soggetto che ha più debiti verso lo stesso creditore può di chiarare, quando paga, quale debito intende estinguere (art. 1193, comma 1, c.c.).
Altrimenti potrà il creditore, nel rilasciare quietanza, dichiarare in questa quale fra i diversi debiti considera estinto (art. 1195 c.c.). Se nulla dichiarano né il debitore né il creditore, valgono i criteri legali: si estinguono prima i debiti già scaduti, poi quelli meno garantiti, poi quelli più onerosi, poi quelli di più antica data (art. 1193, comma 2, c.c.). A favore del creditore è posta la regola secondo la quale il debitore deve imputare il pagamento prima agli interessi e poi al capitale (altrimenti questo, essendo già pagato, cesserebbe di produrre interessi), salvo che il creditore non gli consenta di fare diversamente (art. 1194 c.c.).
Il debitore che adempie una prestazione di danaro ha diritto alla quietanza, ossia ad una dichiarazione del creditore che attesti l’avvenuto pagamento (art. 1199 c.c.). La quietanza è una dichiarazione di scienza (è un mero atto giuridico): il suo valore probatorio è quello di una confessione. Ma ciò che la quietanza confessa è solo il fatto giuridico del pagamento, e il creditore resta libero d’esigere somme ulteriori se il pagamento attestato nella quietanza fosse solo parziale.
Vi è poi la quietanza liberatoria. Quest’ultima è quella nella quale il creditore dice di non avere più nulla a pretendere dal debitore: essa, oltre che attestare il pagamento, riconosce l’avvenuta estinzione del debito e dichiara la volontà del creditore di rinunciare a qualsiasi altra pretesa per il titolo in base al quale ha ricevuto il pagamento. La quietanza liberatoria è però considerata come idonea a produrre l’effetto estintivo dell’obbligazione solo se appare sicura espressione di una volontà di rinuncia al credito.