La crisi economica sforna sempre più disoccupati e cassa integrati purtroppo, ma vediamo quale risulta essere la procedura corretta per ricorrere al licenziamento di un dipendente. Per fare in modo che un lavoratore possa essere licenziato, deve esistere un giusto motivo o giusta causa. Infatti, per legge, un licenziamento per essere valido deve essere giustificato e della suddetta decisione il lavoratore deve ricevere una comunicazione scritta, simile a questa lettera di licenziamento per giusta causa.
In alcuni casi il datore di lavoro può non fornire la motivazione del licenziamento, e in tal caso il lavoratore potrà farne richiesta fino a 15 giorni dalla ricevuta comunicazione del licenziamento. Quindi il datore sarà obbligato entro 7 giorni a comunicare la motivazione.
Se il lavoratore che riceve la comunicazione di licenziamento non ritiene giusto il licenziamento può impugnare entro 60 giorni un licenziamento illegittimo.
Anche in questo caso l’impugnazione da parte del lavoratore deve essere inoltrata in forma scritta, fermo restando che in un secondo momento potrà comunque tentare la strada della conciliazione entro 270 giorni dall’impugnazione. Dal 2010 il tentativo di conciliazione non è più obbligatorio.
Infine va ricordato che esistono un giustificato motivo soggettivo ed un giustificato motivo oggettivo. Il primo si verifica se il lavoratore è accusabile di notevole inadempimento degli obblighi contrattuali, come l’abbandono ingiustificato del posto di lavoro, troppe assenze per malattia, ecc.
Il giustificato motivo oggettivo, invece, riguarda i licenziamenti causati da ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa. Non dipende quindi dai comportamenti del dipendente, ma dal datore di lavoro